Qualche giorno fa’ ho avuto il piacere di intervistare Pierluigi Beschi, un nome che probabilmente alla maggior parte di voi lettori dice ben poco.
Pierluigi Beschi fu’ il primo allenatore di due atleti che, negli ultimi anni, sono saliti sul podio delle più importanti gare nazionali ed internazionali di mtb nella specialità marathon.
Pierluigi è stato il primo allenatore di Juri Ragnoli (Scott Racing team) e Daniele Mensi (Soudal- Lee Cougan Racing team).
Attraverso le parole di Pierluigi, in questo articolo, ripercorriamo “le prime pedalate” di questi due atleti immergendoci nei valori e nella filosofia guida di un allenatore che prima di qualsiasi risultato punta alla crescita e a sviluppare un sano agonismo nei suoi allievi.
Un allenatore che riconosce l’importanza del prestare attenzione all’emotività degli atleti, promuovendo in loro un approccio mentale alle gare che sia improntato principalmente al divertimento, alla pazienza e alla fiducia nelle proprie capacità.
(Nella foto qui sopra due giovanissimi Daniele Mensi e Juri Ragnoli)
Pierluigi che effetto ti fa vedere due dei “tuoi ragazzi” sul podio di importanti gare nazionali ed internazionali?
“ Sono emozioni forti.
Veder competere in gare importanti due giovani atleti che hanno fatto un pezzo di strada insieme a me, nella mia squadra, è una forte emozione.
Ogni tanto mi dico “Li abbiamo cresciuti noi questi ragazzi!”
Puoi raccontarci quando hai iniziato ad allenare Daniele Mensi e Juri Ragnoli?
“ Nell’anno 2000 diventai l’allenatore del team “MTB ITALIA”.
All’epoca non c’erano tante squadre giovanili come ci sono oggi, “MTB ITALIA” nacque con l’intento di dare una mano ai figli di amatori, sia allenandoli che accompagnandoli alle gare nei fine settimana.
Nel team c’erano atleti di varie età, Daniele Mensi era il più piccolo del gruppo, aveva 13 anni e l’ho sempre considerato l’elemento “aggregante”, era lui a tenere unito il gruppo, era molto estroverso.
Juri Ragnoli invece è arrivato più tardi. Entrò a far parte della mia squadra all’età di 15 anni.”
Cosa ricordi di questi due atleti? Hai qualche aneddoto da raccontarci?
“Be’, All’epoca Daniele e Juri si trovavano spesso a competere con i ragazzi più grandi ed abitualmente finivano le gare tra gli ultimi; ricordo che Daniele dopo un anno che arrivava fra gli ultimi aveva iniziato a pensare che qualcosa non andasse ma io sapevo che era semplicemente troppo presto per loro.
Ricordo che più di una volta li ho presi da parte dicendo loro di avere pazienza, che più avanti sarebbe arrivato il loro momento e mi complimentavo sempre con loro dopo ogni gara, indipendentemente dal risultato perché vedevo il loro impegno, la grinta che ci mettevano ed era questo ciò che contava per me.
I campioni dello sport sanno che per gestire l’ansia pre- gara e per mantenere alta la concentrazione è necessario focalizzare ogni energia sulla prestazione prima che sul risultato.
Il giovane atleta che cresce circondato da pressioni esterne e da alte aspettative di risultato, da parte dell’allenatore piuttosto che dalla famiglia, crescendo tenderà ad interiorizzare questo approccio, sviluppando a sua volta un orientamento al risultato.
Il rischio per questi biker è di vivere ogni competizione con un elevato livello di stress.
I campioni dello sport si divertono! Non sono stressati! Indipendentemente dall’importanza della gara.
“Daniele era il più piccolo del gruppo e per questo rimaneva spesso indietro durante gli allenamenti ed io e gli altri spesso ci fermavamo per aspettarlo, praticamente Daniele non riposava mai in allenamento.”
In Daniele ho sempre visto molta grinta; era estroverso e determinato.
Juri invece era più introverso. Ricordo che stava molto attento ed imparava alla svelta, dal punto di vista tecnico migliorava velocemente.”
Quando hai intuito che questi due tuoi atleti avevano “una marcia in più” rispetto ad altri?
“Ricordo una gara a Nuvoleva (BS), era maggio, Daniele e Juri avevano 16 anni, sono partiti in quarta su una salita lasciandosi dietro una schiera di amatori molto forti nel panorama nazionale.
In quell’occasione ho intuito le loro capacità.
Una volta non c’erano tante gare di confronto tra ragazzi della stessa età, di solito i più giovani partivano insieme agli amatori ed un risultato come quello che hanno ottenuto Juri e Daniele in una gara con gli amatori è stato grande.
Da quel momento ho deciso di tenermeli tranquilli questi due ragazzi, se dagli altri della squadra pretendevo qualcosa in più a questi due invece dicevo di non strafare.
Dovevano crescere e divertirsi, questa era la cosa più importante in quel momento.”
(Juri Ragnoli ed il suo allenatore Pierluigi Beschi)
Oggi sempre più ragazzini si avvicinano alla mtb. In base alla tua esperienza quali sono gli insegnamenti fondamentali che un allenatore dovrebbe trasmettere ai suoi allievi?
“Un allenatore deve riuscire a creare un clima coeso all’interno della sua squadra ed è fondamentale che fra allenatore ed atleti regni un rapporto franco, schietto e aperto.
L’allenatore deve guadagnarsi la fiducia dell’atleta e avere fiducia vuole anche dire che il ragazzo deve sapersi prendere la sgridata senza risentirsi perché l’allenatore, in quel momento, gli sta trasmettendo il suo volergli bene.
Un allenatore deve accertarsi che tra i ragazzi non prevalga l’agonismo fine a sé stesso, gli atleti devono gioire quando un compagno di squadra vince, l’allenatore ha il compito di promuovere una sana rivalità fra gli atleti, senza ammettere scorrettezze.
Questi sono i principi fondamentali per me, quelli che spero di avere trasmesso anche ai miei atleti.”
Molti giovani atleti abbandonano precocemente il mondo dello sport e talvolta questa scelta è determinata da una difficoltà degli atleti a gestire la pressione e le aspettative altrui.
L’approccio adottato dall’allenatore e la sua filosofia di allenamento nei primi anni della carriera di un atleta giocano, a tal proposito, un ruolo fondamentale.
Crescere un atleta non vuol dire soltanto insegnargli la tecnica e le basi dell’allenamento bensì significa anche aiutare i suoi allievi a gestire la fatica, le pressioni e la competizione che fanno parte di questo sport.
Ad oggi stanno nascendo figure come lo psicologo dello sport e il mental trainer, Pierluigi come vedi una figura del genere in un team di giovani atleti?
“È importante.
C’è più fragilità a livello psicologico nei ragazzi di adesso che non 15 anni fa.
Il modo più adatto per approcciarsi con un ragazzo piuttosto che con un altro è diverso e io stesso ho dovuto in diverse occasioni improvvisarmi psicologo per comunicare con i ragazzi e capirli, aiutarli.
Le strategie per stimolarli ho dovuto inventarle io con l’esperienza ed improvvisando perché non avevo competenze psicologiche in merito.
Io credo che, per un allenatore o per un direttore sportivo, avere un supporto psicologico facilita il lavoro.
Lo psicologo può dare delle dritte su come muoversi, su come rapportarsi con i ragazzi perché a commettere errori e a “rovinare” un ragazzo ci vuole poco.
Tirare fuori il meglio dai ragazzi, questo è più difficile, ma è sempre stato molto stimolante per me.
Ringrazio Pierluigi per l’intervista e vi invito a continuare a seguirmi sul mio blog
Per chiedere una consulenza o per chiedere informazioni sui miei corsi di Mental training contattami all’indirizzo info@claudiamaffi.it
Dott.ssa Claudia Maffi (psicologa dello sport)